Le bocche calde della terra ischitana: le fumarole

Chi viene sull’isola di Ischia non potrà fare a meno di stupirsi per la quantità di fumarole e stufe naturali dalle quali esce un vapore bollente. È una delle conseguenze più positive dell’antica attività vulcanica dell’isola

Il persistere di fonti di calore in profondità si manifesta sull’isola d’Ischia nell’attività idrotermale che da molto tempo viene sfruttata a scopo terapeutico e consente una forma di turismo che si sviluppa per gran parte dell’anno.

Il Monte Epomeo è circondato da profonde faglie e fratture che rappresentano la via di risalita per i gas e per le acque riscaldate in profondità. Fumarole e campi fumarolici con temperature massime prossime ai 100°C sono presenti sulle pendici di Monte Nuovo e Monte Cito e lungo il litorale di Maronti. In altre località (San Michele, Monte Rotaro, Fundera e Scarrupo di Panza), le fumarole non superano i 46°C .

Le sorgenti calde hanno temperature comprese tra i 20° e gli 80°C. Queste si trovano a Forio in località Monterone (sorgenti Castaldi e Castiglioni), a Casamicciola (sorgenti La Rita e dei Bagni), a Barano in località Maronti (sorgenti di Cava Scura, Olmitello e Cava Fredda), oltre alle sorgenti di Cartaromana, Punta Chiarito, Bagnitiello, San Montano e Porto d’Ischia.

Le zone con intensa attività idrotermale sono considerate possibili sedi di apertura di bocche eruttive. Prima che avvenise l’eruzione dell’Arso (1302), proprio nel luogo dove si è formato il cratere, esisteva un campo fumarolico, detto Solfonaria, da cui veniva estratto lo zolfo. Dalle indagini eseguite sulle acque di sorgenti e pozzi risulta che le temperature in profondità raggiungono valori di circa 200°C e che negli acquiferi di interesse geotermico sono presenti acque di origine marina.

Le indagini effettuate sulle acque dei pozzi ubicati in vari punti dell’isola, indicano la presenza di numerosi acquiferi a varie profondità. In base a questi dati è stato ricostruito un modello geotermico che prevede una sorgente di calore situata a oltre 3.000 metri di profondità la quale riscalderebbe, per conduzione, un acquifero profondo. Il vapore prodotto da questo acquifero, risalendo in superficie attraverso faglie e fratture, trasferirebbe calore anche alle falde superficiali.

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