Re Ludwig di Baviera e Mendelssohn a Lacco Ameno

L’isola di Ischia è stata da sempre meta di vacanza. In passato vi si recavano nobili e uomini famosi, artisti e intellettuali di tutta Europa. Molto spesso erano ospiti in ville di Ischia di proprietà privata, oppure trovavano alloggio in caratteristici alberghi isolani che della villa extraurbana conservavano l’aspetto e la quiete. Immersi in straordinari giardini in fiore e aperti davanti a panorami marini questi alberghi – villa erano sparsi un po’ dovunque sul territorio isolano. Alcuni rimangono ancora oggi, di altri invece ne abbiamo soltanto un ricordo. E’ questo il caso della Villa alla Pannella di Lacco Ameno

Bibliografia: “Il Can. don Tommaso de Siano e la sua Villa alla Pannella di Lacco Ameno, dove ospitò illustri personagg” articolo di Giovanni Castagna pubblicato su La Rassegna di Ischia

Fra le dimore residenziali di Lacco Ameno – uno dei sei comuni dell’isola di Ischia – della fine del 1700 e del primo cinquantennio del 1800 (Palazzo San Montano, Villa Arbusto del duca d’Atri, Palazzo Manzi…), l’albergo del canonicoe cavaliere dell’Ordine di San Michele di Baviera, D. Tommaso De Siano, situato in contrada Pannella, accolse «ospiti di riguardo, principi reali, la nobiltà napoletana e romana, eminenze e famiglie straniere» di alto rango e non pochi lasciarono nei diari pubblicati le loro im¬pressioni sulla contrada, sull’accoglienza, sulla buona tavola ed il buon vino nonché sul proprietario.
Nessuna notizia ci è giunta sull’albergo della Pannella, dopo la morte di Don Tommaso. D’Ascia nella sua Storia di Ischia, pubblicata nel 1868, ne parla al passato.

Dopo la sua morte, la villa fu sicuramente divisa fra alcuni coeredi; una parte, a quanto sembra, continuò a funzionare come locanda con un nuovo proprietario e il 28 luglio del 1883 il tutto fu distrutto dal terremoto.

La contessa Elisa von der Recke descrive la posizione dell’albergo dove alloggiò nel 1805, in questi termini: «[...] siamo sbarcati nella baia d’un borgo chiamato Lacco [...] A dorso d’asini, pronti per noi, ci siamo recati al nostro alloggio. Il sentiero è molto stretto e gira con tornanti bruschi tra muri di giardini completamente coperti di aloe frammisti a cespugli di rose rosse e bianche, coronati di melograni, piantati nei giardini dall’altro lato dei muri, che spandono fiori d’un rosso aranciato e di cui si scorgono solo le cime fiorite come tante ghirlande. La nostra casa è situata su una notevole altura dal lato ovest, piuttosto isolata, nella piccola contrada chiamata Panello, che consiste in tre case e una cappella, tutto proprietà del nostro ospite, il sacerdote don Tommaso. La struttura delle case, con i loro tetti a terrazza, somiglia a quelle delle case dissotterrate a Pompei. Le nostre camere sono piccole, ma molto pulite e ben ordinate; la vista da ogni lato è d’una ricchezza inesprimibile».

Conrad Haller, che vi soggiornò varie volte, fra il 1809 e il 1821, precisa:

«La Pannella è una collina che domina tutte le altre e dà il suo nome a un gruppo di belle case, fra le quali si distingue quella del sacerdote secolare Tommaso de Siano. È una casa accogliente per ricevere comodamente i viaggiatori che vengono a Ischia per qualche giorno. Si trovano da don Tommaso buoni letti, una tavola ben fornita, parecchi tipi di vino squisito e dei migliori vigneti dell’isola, dove, quindi, si può dare soddisfazione non solo ai principali bisogni della vita, ma anche a un certo lusso, sempre in rapporto ai mezzi che un simile posto isolato può offrire».

Heinrich Fahrmbacher, segretario di gabinetto, che accompagnò il re Ludwig I sull’isola di Ischia, a Lacco, nel 1829, ne descrive «le scale con i vasi di fiori, che portavano al cortile aperto del primo piano, il grande cactus e l’arancio, i cui germogli e frutti giungevano fino alla sua finestra. A piano terra c’erano cantine famose per i vini che contenevano; la cucina, nel cui centro su uno zoccolo di pietra sotto un grande paiolo ardeva il fuoco e, presso le pareti, stavano i fornelli».

Lui e il medico abitavano in una ex torre di Saraceni (che chiamavano il Salone dei Saraceni o anche la Villa Allegra) tutta per loro, che si raggiungeva con una scala di collegamento situata nel cortile del primo piano. Essa limitava il piccolo cortile ed era stata costruita su uno dei molti blocchi di tufo precipitati dalla cima del monte. Nel mezzo del cortile c’era una grande cisterna. Ma una cisterna più piccola era stata scavata nella roccia, come spesso avveniva, dove colava l’acqua piovana.

Descrizione che trova conferma in una lettera del 1831 di Felix Mendelssohn alla sorella Fanny:

«Alle nove e trenta, arrivammo alla piccola città di Ischia dove il solo albergo era tutto occupato, così decidemmo di recarci fino da Don Tommaso, due ore di strada, che percorremmo in un’ora e un quarto. Faceva un fresco meraviglioso; tra le viti, gli alberi di fico e i cespugli, si posano innumerevoli lucciole che si lasciano prendere; e quando, finalmente, piuttosto stanchi, giungemmo da don Tommaso, trovammo tutti ancora svegli, le camere pulite, frutta fresca, un affabile diacono come cantiniere e fino a mezzanotte restammo seduti comodamente davanti a una carrettata di ciliege. [...] Davanti alla porta c’è un enorme ombroso albero d’aranci con molti frutti maturi, sotto i cui rami una scala conduce agli alloggi. Sopra ciascuno dei bianchi scalini di pietra è collocato un gran vaso di fiori e il vestibolo superiore si compone di un largo portico aperto, da dove attraverso un’arcata si può vedere fuori tutto il cortile con l’albero d’aranci, la scala, i tetti di paglia, le botti di vino e i boccali, gli asini e i pavoni. Quello che si vede davanti non è meno bello; sotto l’arco in muratura c’è un albero di fichi d’India, così lussureggiante, che lo si deve legare stretto al muro con delle funi. Lo sfondo poi è formato dai vigneti pieni di ville, e dalle alture dell’Epomeo [...] ».

Per quanto concerne «l’albero di fichi d’India», di cui parla Mendelssohn, crediamo che sia quello piantato, inavvertitamente, nel 1805 dalla contessa Elisa von der Recke, la quale così scrive nel suo diario: «Ho visto un fico d’India dal tronco immenso con un diametro di almeno un braccio e mezzo con foglie lunghe un braccio. Questa pianta racchiude una tale potenza di vegetazione che un pezzettino d’una foglia, gettato a caso a terra, vi si abbarbica e spuntano nuove foglie. Avevo messo quasi inavvertitamente una di queste foglie in un vaso da fiori e, l’anno dopo, uno dei miei amici che viaggiava in Italia venne ad Ischia e il nostro ospite gli mostrò una pianta già grande e vigorosa sbocciata da quella foglia».

La contessa De la Recke parla di una piccola contrada «che consiste in tre case e una cappella, tutto proprietà del nostro ospite, il sacerdote don Tommaso»; Haller, invece, parla «d’un gruppo di belle case». La contrada, in realtà, comportava un buon numero di case, per lo più con pianterreno e primo piano, ed era abitata, nel 1798, da 300 persone, secondo il par¬roco D. Rinaldo Monti, da oltre 100 secondo una relazione dello stesso anno del vicario generale della Curia Vescovile, D. Matteo Madonna. La contrada era di difficile accesso, come ben dimostra la descrizione della contessa von der Recke, e le piogge rendevano la strada spesse volte inagibile e pericolosa.

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