Nelle sue memorie Matilde ricorda “A Sant’Angelo il nostro modesto alberghetto era come incuneato in un monticello roccioso, sulla riva del mare. Il giorno stesso in cui siamo arrivati abbiamo cominciato a conoscere la vita dei pescatori (…). A Sant’Angelo ci sono alcune spiag- gette e l’acqua è molto bassa. Lì ho scoperto che Pablo non sapeva nuo- tare, una scoperta che mi ha rallegrato, finalmente potevo insegnargli io qualcosa! Il pomeriggio ci recavamo su una spiaggia che sembra una laguna, vicino a delle sorgenti termali. È stato lì che ha imparato a nuotare…”
I due amanti si sistemano nella pensione Sant’Angelo, in riva al mare passano giorni sereni, felici, vivono un’esistenza semplice, fatta di piccoli eventi quotidiani: osservano i pescatori quando al tramonto prendono il largo; all’alba vedono passare le donne con le ceste per il pesce che aspettano l’arrivo delle barche. Sulla spiaggia di Sant’Angelo Matilde scopre che Pablo, l’epico cantore degli oceani, non sa nuo- tare e gli dà lezioni di nuoto nell’acqua bassa delle calette.
E il poeta, pigro e di corporatura robusta, spesso l’imbrogliava, faceva fin- ta di nuotare appoggiando un piede sul fondo. Affabili e gentili, dopo poco tempo Pablo e Matilde conoscevano già tutti gli abitanti di Sant’Angelo.
Pablo s’incontrava spesso col pittore tedesco Werner Gilles: amante della buona tavola, cenava volentieri con l’amico pittore su una terrazza che sporge verso il mare. A Ischia Neruda conosce lo scultore Anielloantonio Mascolo che comincia ad abbozzare in creta la testa di Matilde. L’opera non era ancora finita quando gli amici cileni fanno sapere a Pablo che finalmente poteva ritornare in patria senza pericolo.
Prima di imbarcarsi per l’America, il poeta scrive una lettera a Mascolo pregandolo di finire il bozzetto e raccomandandogli di dare particolare risalto ai capelli rossi, folti e ondulati di Matilde che gli amici italiani avevano soprannominato Medusa proprio per la sua capigliatura ribelle. La scultura però è andata distrut- ta. Nella pace che regnava fra le modeste case dei pescatori di Sant’Angelo, Neruda aveva continuato a scrivere versi.
Un significativo componimento, L’uomo invisibile, una sorta di autoritratto poetico con la notazione autografa: Sant’Angelo, 24 giugno 1952, attesta che anche a Ischia non si attenua l’ispirazione che a Capri gli ha fatto completare i Versi del Capitano e un altro libro, L’uva e il vento, in cui molte liriche sono dedicate all’Italia e agli italiani, «il prodotto più fine della terra».
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