Il Castello Aragonese di Ischia. Un capriccio della natura, uno scrigno di storia.

Questo perché le antiche mura, di chiese e bastioni, costruite in gran parte dal 1300 al 1600 si mimetizzano perfettamente con la roccia scura e spigolosa di questa singolare “torta vulcanica”.

L’isolotto, alto circa 113 metri, è infatti la conseguenza di un’eruzione vulcanica avvenuta tra i 280.000 e i 340.000 anni fa.

Secondo alcuni studiosi lo scoglio in mezzo al mare fu fortificato da Gerone, tiranno di Siracusa, nell’anno 474 a. C. Ma la mancanza assoluta di cocci di età greca o romana, mentre le colline di Cartaromana e la marina di Ischia Ponte ne sono piene, e le scoperte archeologiche (gennaio 1971) sul fondo marino di insediamenti risalenti al periodo ellenistico romano, hanno consentito altre ipotesi. Per Pietro Monti (Ischia, archeologia e storia) l’isolotto altro non era che un’altura di un’antica e operosa terra che aveva legato la sua fortuna allo scalo portuale che si apriva su due versanti, ad est e a nord del Castello.

Questa terra era Aenaria (aena = bronzo, rame, piombo, metallo in genere), città fiorentissima per le numerose industrie di metallo, nata verso il secolo IV a. C. e finita improvvisamente tra il 130 e il 150 d. C. Aenaria finisce con un effetto speciale della natura davvero sbalorditivo: viene inghiottita dal mare. Ciò avvenne secondo lo studioso Ritmann nel corso di un’eruzione del Montagnone, che venne accompagnata da forti terremoti ed assestamenti vulcano-tettonici. I resti di Aenaria sono attualmente otto – nove metri sotto il livello del mare, con la città scomparvero le fabbriche di terracotte, l’industria dei metalli, la plumbaria di Gneo Atellio, la fucina per le armi. Lo sprofondamento di Aenaria causò il distacco dell’isolotto-castello dall’isola madre. Una cosa è certa. S. Gregorio Magno in una lettera del 598 parla non di una, ma di due isole.

Più tardi con l’incremento dell’abitato sull’isolotto-castello, il toponimo Insula si rivelò incompleto e fu necessaria l’aggiunta di Major (Insula Major) in contrapposizione al Castrum.

Il Castello dall’VIII al IX secolo era eretto a fortezza, ed era la sede del conte che governava pure su tutta l’isola. Nel 991 in due sermoni su S. Costanzo di Capri si narra che i Saraceni, dopo varie incursioni nelle città campane, approdarono all’Isola Maggiore e combatterono con accanimento contro Girone senza riuscire ad espugnarla. Fu Carlo d’Angiò, incoronato re di Napoli, nel XIII secolo, a far costruire sulla cima dell’isolotto un mastio quadrangolare isolato a strapiombo, chiuso con mura massicce e con ai due angoli ad est incastrati due torrioni cilindrici. Gli Angioini fecero inoltre costruire nello specchio d’acqua prospiciente il Castello un porto che consentì vantaggi favolosi alla cittadella sulla rocca e a quella sulla terra plana. La roccaforte sotto gli Angioini conobbe un’era di grande prosperità. La vita artistica e culturale risplende nei sopravvissuti affreschi della cripta e nei resti monumentali di un mausoleo.

Nel 1423 Alfonso d’Aragona, prima di conquistare il regno di Napoli, mentre era ospite dell’amico Michele Cossa, fa conquistare dai suoi soldati la base militare e poi il Castello stesso.

Ed è da qui che parte, nel 1441, il comando per l’assedio di Napoli prima dell’ingresso trionfale del 26 febbraio 1443. Il sovrano, chiamati intorno a sé i più grandi artisti ed i migliori esperti di urbanistica, fece trasformare il castello in un vero baluardo. Tra le grandi opere da lui create merita il primo posto il traforo scavato nel seno della roccia: un’immane galleria sbarrata da cinque porte con feritoie e spie che porta sulla roccaforte; fa erigere enormi ed inaccessibili muraglioni di sostegno lungo i costoni a picco sul mare; fa riparare il ponte di fabbrica che univa l’isolotto con l’Isola Maggiore; fa piazzare un ponte levatoio di legno. Nell’interno del Castello, offerto in dono alla seducente Lucrezia d’Alagno, si tenevano spesso feste e incontri mondani. Le truppe francesi, quando sul finire del XV secolo, conquistarono il regno di Napoli, non trascurarono di cingere d’assedio il Castello d’Ischia. L’assedio si risolse in un completo fallimento, perché gli Isolani respinsero gli attacchi nemici, infliggendo loro considerevoli perdite. La strenua difesa del Castello fu organizzata e diretta da Costanza d’Avalos, donna di straordinario coraggio che, per la fedeltà dimostrata agli Aragonesi, ebbe da Ferdinando il Cattolico, con privilegio del 10 marzo 1503, il Governo a vita sull’isola d’Ischia.

Nella cattedrale del Castello, eretta nel XIV secolo, il 27 dicembre 1509 furono celebrate le nozze di Ferrante d’Avalos, nipote di Costanza, con Vittoria Colonna.

E qui la poetessa concepiva sonetti per lo sposo lontano e per i suoi gloriosi trionfi, e poi, dopo la tragica notizia della morte di Ferrante (1525), per il "suo amore scomparso". Il Castello era la meta preferita di Giovanna e Maria d’Aragona, di poeti e cavalieri, in un fervore letterario che era completato da una vita mondana non priva di fascino e di suggestione; esso divenne il luogo dove trascorrere in tranquillità i periodi più calamitosi attraversati dal regno di Napoli.

Verso la metà del Cinquecento la fortezza d’Ischia riuscì a contenere migliaia di persone, oltre ad edifici civili, chiese e vescovado.

Beatrice Quadra con l’atto pubblico del 10 settembre 1574 dona il grande palazzo d’Avalos a due piani situato sul Castello ed esso viene trasformato in convento. I saloni del palazzo furono divisi in celle e in cappella claustrale; il giardino recintato da alte mura. Il 14 luglio 1577 il vescovo isclano Fabio Polverino proclamò la clausura. Beatrice Quadra per il sostentamento del convento donò inoltre terreni situati in Barano e Casamicciola. Nel sottosuolo del convento fu situato l’ossario delle suore: impressionanti "scolatoi" su cui si deponevano i cadaveri per farli essiccare. All’inizio del ’500 si introdusse infatti l’usanza dei cosiddetti "scolatoi", volgarmente "cantarelle". Si disponeva seduto il defunto su uno di questi "seditoi", sino a che il cadavere, espulsi gli umori nel vaso sottostante, disseccasse: l’operazione era detta "scolare"; lo scheletro veniva poi deposto in un loculo.

Con l’avvento dei Borboni, l’isola d’Ischia iniziò a governarsi con propri sindaci e deputati eletti dalle Università.

Sul Castello dimorava il Governatore borbonico a cui era demandato il comando militare dell’intera isola. Nel 1799 il Castello è adibito a Bagno penale provvisorio. La comunità di suore, viva per ben 334 anni, nel 1809, in seguito alla legge di soppressione dei monasteri emanata da Murat, fu sciolta d’autorità. Nel 1823 il Castello divenne ergastolo ufficiale. Nel 1851 è il calvario dei condannati politici. Nel 1874, passato alla Direzione Generale delle carceri, si trasforma in una colonia per delinquenti comuni. Nel 1890, dietro ripetute istanze, la colonia fu soppressa. Nel 1912 lo Stato mise all’asta il Castello, che fu acquistato da privati.

Leggi anche: