I soggiorni ad Ischia di Maria D’Aragona

La presenza di Maria d’Aragona ad Ischia è attestata abbastanza spesso. Il suo biografo Fiorentino ci segnala che nel 1538 “abbandonò il palazzo della riviera di Chiaia, la città di Pozzuoli ed il castello di Ischia, tra i quali era solita dividere il suo soggiorno, ed andò ad abitare il palazzo ducale di Milano”. Ischia è dunque un luogo mai lasciato, di dove ad ogni istante si può ripartire o piuttosto ritornare verso la costa

Come Giovanna, come il fratello Antonio d’Aragona duca di Montalto, ella aveva per padre Ferdinando duca di Montalto, figlio illegittimo del re Ferrante I.

Trascorre i suoi primi anni alla Corte di Napoli , “cara alla regina Giovanna, cara ad Isabella precedentemente duchessa di Milano", dice il suo biografo Francesco Fiorentino; si tratta di tempi posteriori al matrimonio di Bona Sforza, regina della Polonia; dunque posteriori al 1517; siamo sotto i viceré che governano per conto di Ferdinando il Cattolico.

Maria, corteggiata dal marchese di Polignano, ma disdegnando i suoi omaggi e la sua bruttezza, sposa, nel 1523, il giovane cugino di Francesco Ferrante d’Avalos che Vittoria, durante gli anni della lega pontificia e di Ravenna, aveva allevato ad Ischia e formato al gusto delle lettere, Alfonso di Avalos, marchese del Vasto, l’adolescente impetuoso, il brillante compagno e successore di Ferrante negli eserciti imperiali, l’uomo che la sua carriera splendente doveva mettere alla testa del comando militare o politico durante una ventina di anni, quello che meritò l’omaggio dei versi dell’Ariosto mentre dirigeva, nel 1532, una spedizione contro Solimano, e che fu scelto come capo nel 1535 in quella di Tunisi.

Ricordando il matrimonio di Del Vasto, Amalia Giordano definisce la giovane donna: «la bella aragonese alla quale i poeti contemporanei dichiarano di non sapere attribuire lodi adeguate al suo fascino ed ai doni del suo spirito, ripetendogliele, per non offendere il suo orgoglio più che regale, ogni volta che le fanno risuonare anche in onore della sorella maggiore Giovanna» e, riportando la lode implicita che abbiamo prima rievocato sotto la penna di Filonico per l’accusa di freddezza portata a Giovanna, la ritiene non priva di verosimiglianza, «se consideriamo di quali legami questa, a differenza della sorella, seppe legare il suo sposo a lei, di una natura non meno impetuosa di quella di suo cugino che aveva modo, spesso, di manifestarsi, per esempio negli amori (tra gli altri quello per Laura di Monforte) che, talvolta, lo distoglievano dal suo amore unico, potente, geloso per la sua donna, oggetto, d’altra parte, di altre passioni non meno forti».

Unico deve essere preso evidentemente, qui, nel senso della qualità, poiché altri vi fecero breccia; ma la sua persistenza e la vivacità con la quale era difeso sono tuttavia notevoli. Si riportano spesso le parole di questo marito ombroso che aveva, durante tre anni, preferito alla sua donna la siciliana Laura Monforte, dama di onore della duchessa di Francavilla, poi era ritornato da lei con una violenza di passione e di gelosia compensatrice: “durante tre anni, fui nemico di mia moglie, senza sapere perché; durante altri tre anni ne fui innamorato, e tutto il tempo restante sono stato con lei vero marito".

La presenza di Maria ad Ischia è attestata abbastanza spesso.

In generale, sarebbe difficile, anche ad un cronista del tempo, di precisarla, perché la marchesa fa parte di una classe sociale dalle molteplici dimore. Vittoria Colonna e Giovanna ce ne hanno dato l’esempio; in quanto a lei, il suo biografo Fiorentino ci segnala che nel 1538 "abbandonò il palazzo della riviera di Chiaia, la città di Pozzuoli ed il castello di Ischia, tra i quali era solita dividere il suo soggiorno, ed andò ad abitare il palazzo ducale di Milano".

Ischia è dunque un luogo mai lasciato, di dove ad ogni istante si può ripartire o piuttosto ritornare verso la costa. Ma, dieci anni prima, abbiamo la certezza del suo soggiorno ad Ischia, dove, essendovisi rifugiata come tanti altri, doveva, per forza di cose, restare; cioè durante l’assedio di Napoli del 1528 e la battaglia navale in svolgimento nelle vicinanze.

Tre anni più tardi, alla nascita del suo primo bambino, dopo otto anni di matrimonio, si è tentati di localizzare anche questo avvenimento ad Ischia, fondandosi sulla suggestione di un carme che scrisse in questa occasione Giovanni Filocolo di Troia, dedicandolo alla principessa di Francavilla, e raccomandandole di leggerlo con Vittoria Colonna che dovette dunque assistere alla nascita.

La dedica porta la data del 5 agosto 1531, ed il bambino (recens editus infans) doveva essere nato da alcuni giorni. Il poeta che era stato il precettore del marchese del Vasto, parla con entusiasmo di questa discendenza tanto desiderata".

La presenza di Costanza di Francavilla, poiché doveva “leggere con Vittoria”, dà una grande probabilità all’ipotesi di Ischia.

Nel 1535, all’epoca della venuta dell’imperatore dopo la spedizione di Tunisi, è ancora Ischia che cita il biografo: "E lei uscì dall’isola solitaria, invidiata tra tutte le belle che brillavano alla corte imperiale".

Abbiamo visto che lascia la regione nel 1538 quando suo marito diventa governatore di Milano. Molto più tardi, ritornerà nell’isola: vedova da un anno, e l’anno della morte di Vittoria che, già più di dieci anni prima, l’aveva lasciata. Questo è, in quanto al periodo qui studiato, un crepuscolo, non troppo tardivo per questa donna ancora giovane, e non senza poesia.

Lasciando Pavia, e ritornando verso Napoli, aveva affidato l’educazione di suo figlio maggiore, di circa sedici anni - aveva sette figli e siamo nel 1547 - all’umbro-toscano Luca Contile; che scrive da Ischia a Bernardo Spina, l’11 febbraio: "Siamo arrivati qui ad un’ora della mattina, passando da Cuma, e là siamo saliti in una delle galere del signore Antonio Doria".

Allora “alternava il suo soggiorno tra Napoli e l’isola d’Ischia, feudo dei di Avalos”, dava dei ricevimenti e non mancava di nuovi ammiratori

Luca Contile che provò una viva ammirazione per la natura della regione napoletana, descriveva a Bernardo Spina, con parole piene di entusiasmo, le bellezze dell’isola e della città di Ischia che mira da un lato il Vesuvio, dal quale il sole, al suo levarsi, salutava fin dalla mattina le finestre della marchesa.

L’isola, ricca di giardini, di ville e di campi coltivati, ricca di viti che producevano il vino greco ed il vino sorbegno, era, sulla costa che guarda Gaeta - meno sicura contro le invasioni barbare - più adatta alla villeggiatura. Si trovavano in altura, nella parte più elevata, delle ammirevoli foreste di cedri, limoni, cedronelle ed aranci. La parte occidentale era fornita di selvaggina; di fronte a Cuma, un lago formatosi da una frana di montagna era pieno di folaghe che si uccidevano nei concorsi di tiro; e la marchesa, precisamente in questi giorni, aveva invitato numerose signore a cacciare.

La città, un tempo chiamata Pitacusa, a causa dei tanti vasi di terra che vi si fabbricavano, è su uno scoglio staccato dall’isola, a distanza di un tiro di archibugio, verso ovest; aveva delle belle case, e delle belle donne, "dalla taglia slanciata, di colorito olivastro, ma di civile e nobile aspetto: «donne che Contile, abituato agli intrighi principeschi, credeva essere della stirpe di questi figli di Re, e di questi cavalieri della casa d’Avalos». Il discepolo di Contile che doveva portare il titolo, anche lui, di marchese di Pescara, fu investito della signoria di Ischia.

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