Le vedute di Raffaele Carelli
Il capostipite di una grande famiglia di pittori dell'Ottocento napoletano dipinse vedute dell'isola di Ischia di pacato lirismo, come questo celebre quadro raffigurante " Casamicciola "..
Le campagne dell'isola di Ischia sono quasi tutte coltivate a vite, è raro trovare un pezzo di terra dove non ci sia almeno qualche filare di buona uva rossa e bianca. Le vigne si trovano spesso su terrazzamenti, in alcune zone, in genere quelle ventose e ben esposte i filari sono bassi, per cui basta chinarsi per cogliere i pampini. In altre zone – meno numerose – invece si assiste ad una coltivazione di viti alte. Questa modlità viene preferita nelle campagne che si trovano in zone più basse rispetto al resto del territorio, e che non hanno una grande estensione di terra.
Ecco che la verticalità di questi filari aiuta il contadino di Ischia a sfruttare meglio il filare; è anche vero che in questo tipo di coltivazione tutto si fa più difficile perchè è necessaria una scala di legno per tutte le operazioni, vendemmia compresa. Alla vendemmia partecipano tutti anche i bambini, a cui sono affidati compiti più leggeri. Gli uomini usano, per il taglio dei grappoli, delle marrazzelle mentre le donne in genere sono munite di coltellini o forbici da giardinaggio. Una volta mentre si vendemmiava si cantava anche:
Voce maschile: Uh! quant'è bedda l'aria de lu mare...
Voce femminile: Lu core miu me lice de partire...
Voce maschile: Nce sta la figghia de lu marenare...
Voce femminile: Tanta ch'è bedda, che me fa murire!
Nu juorno me ce voglio arresecare, 'Ncopp'a la casa soia voglia sagghie,
Tanto m'a voglio stregnere e basare, 'Nfine che diciarrà: Amore, lasceme ire!
Traduzione:
Oh, quanto è bella l'aria di mare
Il mio cuore mi dice di partire
Ci sta la figlia del marinaio e' così bella che mi fa morire.
Un giorno voglio provarci voglio salire a casa sua e tanto me la voglio stringere e baciare che alla fine mi dirà: “ amore, lasciami stare”
A la vigna vaie, a la vigna vengo,
Tu cuoglie l'uva nera e i' la janca;
Tu vaie a fa' lu lietto e i' pur 'nce vengo,
Tu spanne le lenzola e i' la manta,
Tu te la vaie a cuccare, i' pure nce vengo,
Tu te cucche mmiezo e i' a lu scianco.
Traduzione
Alla vigna vai, alla vigna vengo
tu cogli l'uva nera ed io la bianca
tu vai a fare il letto e pure io ci vengo
tu stendi le lenzuola ed io la coperta
tu ti vai a coricare, ci vengo anche io
tu ti corichi in mezzo ed io al tuo fianco
Tra i canti più antichi – e forse più poetici – c'è questo che appartiene alla zona di Serrara Fontana, uno dei comuni dell'isola di Ischia che conservano più di ogni altro una vocazione contadina del territorio. Lo stornello è in un dialetto molto diverso dal resto dell'isola. Queste canzoni anticamente venivano cantate anche in tutti gli altri lavori agresti, si cantavano in due gruppi, spesso molto distanti l'uno dall'altro; cominciava prima un gruppo, l'altro ascoltava attentamente, la mano all'orecchio, e rispondeva a tono.
tu stai addóke e je ‘a kká te vayke
Frukedd’e argyent e kkurtyedde d’ore.
Vola palomma, se vuo' vulá.
Damme la mane, ka la feile è leste.
Yanguledde, proieme ssa mane, stu míe cuore a bbúie vo bene.
Traduzione
Tu stai qua ed io da qua ti vedo,
forchetta d'argento e coltello d'oro.
Vola colomba, se vuoi volare.
Dammi la mano che la fede è lesta.
Mia bianca porgimi la mano, questo mio cuore vi vuol bene.
La fama di Ischia quale “isola del vino” è antichissima. Per non andare a frugare in testi troppo a ritroso nel tempo citiamo alcuni versi dal poema aroico di Andrea Perruccio che nel 1687 scriveva ne suo “Agnano zeffonato”:
Chella bell’Isca, ch'è famosa ancora, che stace sempe carreca... de vino...
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